Nell’ambito della formazione il teatro può essere considerato una metafora pedagogica.
Si riscontra una analogia in ciò che è formativo e in ciò che è teatrale, quello che avviene in entrambe le esperienze è molto simile. C’è infatti un nesso tra educazione e teatro.
In questo modo un laboratorio teatrale a orientamento pedagogico può divenire l’esempio di un campo d’esperienza che promuove un apprendimento trasformativo e performativo.
Il teatro, tra ieri e oggi
Nell’epoca dei social network “la presenza dei corpi” è assente, viviamo le relazioni e le esperienze in modo virtuale.
L’esperienza formativa e teatrale rimanda ad un concetto, quasi dimenticato, di “presenza dei corpi”, ossia la figura presente dell’educatore e quella dell’utente. Gli elementi del teatro e della situazione formativa si arricchiscono a vicenda, sia a livello di riflessione teorica sia a livello di pratica.
Il teatro ha un’origine legata ai riti, alla sacralità e l’uomo attraverso il teatro ha ritualizzato i momenti della vita che assumono un particolare significato, sociale e individuale.
Il teatro come strumento formativo
All’interno di un laboratorio teatrale ben strutturato, la formazione e il teatro offrono la possibilità di sospendere la ritualizzazione inconsapevole della vita, per indurre una maggiore consapevolezza, sia rispetto ai significati esistenziali sia rispetto alle condotte e ai copioni della “vita formativa”.
Mettersi in gioco e “sdoppiarsi” induce a sperimentare comportamenti diversi da quelli abitudinari, provare a trovare nuove soluzioni e alternative.
L’esperienza del teatro permette l’accesso ad un piano che da una parte rappresenta la vita e, nello stesso tempo e nello stesso spazio, il teatro doppia la vita. Teatro ed educazione, teatro e vita sono interconnessi.
In quest’ottica l’aspetto metaforico teatrale è direttamente legato alla progettazione di un laboratorio teatrale che abbia un intento formativo e non solo performativo o spettacolare. Si attivano diverse dimensioni di consapevolezza, che al di fuori del laboratorio non possono emergere (casa, scuola, sport, ecc).
Ricordo gli scritti di un filosofo importante, Michel Foucault, e la riflessione sul dispositivo pedagogico. Foucault definisce un dispositivo attraverso tre caratteri essenziali:
- la rete che si può stabilire tra un insieme di elementi eterogenei (discorsi, istituzioni, architetture, forze);
- il tipo di legame, estremamente variabile, che si stringe fra gli elementi e li collega;
- la capacità di fornire risposte efficaci a un’urgenza storica.
La pratica laboratoriale è il setting ideale per attivare questo tipo di formazione.
L’esperienza fa crescere e formare sia l’educatore sia l’utente.
Il laboratorio permette di accedere ad un’esperienza di secondo livello che non giudica ciò che accade, ma cerca di rendere significativo ciò che accade. Il tutto valorizzando un piano d’esperienza che si fonda sulla differenza, sulla formazione e la trasformazione delle maschere, sullo slittamento dei tempi, sulla stratificazione degli spazi – anche simbolici – che normalmente le nostre pratiche attraversano e organizzano.
Facendo teatro educativo si sperimenta, si prova, si controlla una “parte della realtà ”.
Emergono sentimenti puri ed essenziali che possono essere rielaborati insieme al formatore. Lo spazio del laboratorio è un luogo protetto.
Dall’individuo al gruppo
Si può fare un’esperienza formativa in modo individuale (per es. lavoro individuale sul monologo), ma è nel gruppo che solitamente ci si sperimenta a livello teatrale.
Quello che si istituisce è un gruppo di pari, un gruppo di lavoro.
L’attenzione di chi conduce il gruppo non deve rivolgersi alle interpretazioni delle dinamiche interne del gruppo stesso: il suo oggetto sarà un oggetto di tipo formativo.
Importante diventa la qualità dell’esperienza che ogni singolo vive: attraverso il gruppo, la pratica e le azioni sperimentate in condivisione del lavoro.
Metaforizzare l’esperienza grazie alla pratica teatrale.